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Zuaro, Beatrice; Yuksel, Dogan; Wingrove, Peter; Nao, Marion and Hultgren, Anna K.
(2024).
DOI: https://doi.org/10.1515/jelf-2024-2002
Abstract
While English-medium Instruction (EMI) continues to be appealing for various stakeholders, it also raises some epistemological and ethical concerns, which have in the past found expression in polarized debates. A well-known example is the 2012 Milan court case, in which the academic staff sued the Polytechnic University of Milan over its attempt to promote an EMI-only policy. Now almost ten years after the case, the motivations of the key proponents and opponents of the policy are yet to be explored in depth. In order to explain how different interpretations of EMI could result in such unreconcilable positions, in this paper we adopt a new analytical angle, focusing on two elite participants: the rector who promoted the policy and the lawyer (also a faculty member) who represented the lecturers in court. Via a critical discourse analysis of interviews to these participants, we aim to unveil how different stakeholders from the same context frame EMI in relation to ideas of justice/injustice. Results indicate that, despite comparable personal commitment to education and similar understandings of language/power interactions, the participants evaluate English against different frames of reference (i.e. a horizon of globalized education, versus the traditional national understanding of the goals of education). This leads to diametrically opposite evaluations of the growing presence of English in higher education.
Sebbene l’English-medium Instruction (EMI) continui ad essere attrattiva per vari attori, essa solleva anche questioni etiche ed epistemologiche, che in passato hanno trovato espressione in aspri dibattiti. Un noto esempio è rappresentato dalla caso di Milano del 2012, in cui lo staff accademico fece causa al Politecnico di Milano per il suo tentativo di promuovere una politica di esclusivo EMI. Ormai a quasi dieci anni dal caso, le motivazioni dei principali sostenitori e oppositori dell’iniziativa rimangono ancora parzialmente inesplorate. Al fine di spiegare come differenti interpretazioni dell’EMI abbiano potuto sfociare in posizioni talmente inconciliabili, in questo studio si adotta una nuova prospettiva analitica, concentrata su due partecipanti élite: il rettore che promosse la politica e l’avvocata (lei stessa appartenente al corpo accademico) che rappresentò gli accademici in corte. Lo scopo è quello di rilvelare, tramite un’analisi critica del discorso delle interviste di questi partecipanti, come attori provenienti dallo stesso contesto posizionino l’inglese in relazione a idee di giustizia/ingiustizia. I risultati indicano che, nonostante un comparabile impegno personale verso istruzione e una simile comprensione delle interazioni lingua/potere, i partecipanti giudicano l’inglese sulla base di diversi quadri di riferimento (ossia un orizzonte di istruzione globalizzata, contro i valori nazionali tradizionalmente attribuiti all’istruzione). Questo a sua volta risulta in valutazioni antitetiche della crescente presenza dell’inglese nell’istruzione superiore.